Nacque a Comunanza, non lontano da Ascoli Piceno, dove trascorse gran parte della sua esistenza. Fu artista poliedrico, pittore, scultore in legno, architetto e ingegnere. E’ verosimile un alunnato e una collaborazione con il pittore marchigiano Simone De Magistris, attivo a Comunanza negli anni Ottanta del Cinquecento nella chiesa della Madonna del Ponte, oggi distrutta. Per questa chiesa il Ghezzi lavorò a partire dal 1604 fino al 1639 per vari lavori, tra cui dorature e restauri, l’altare del Crocifisso, vari dipinti e una statua in stucco per una cappella. A conferma di un alunnato presso Simone De Magistris, è la presenza di un documento di pagamento per lavori eseguiti nel 1612 nella chiesa di S. Maria della Carità, a Comunanza.
A una fase giovanile è da collegare un dipinto con una Adorazione dei magi nella Pinacoteca di Montalto, fortemente influenzato da De Magistris nel chiaroscuro molto pronunciato e nelle forme allungate dei volti. È probabile che per tutto il primo decennio del Seicento Ghezzi risiedesse stabilmente a Comunanza e vi godesse del più ampio riconoscimento. Al 1612-13 data la prima commissione fuori Comunanza: la decorazione a fresco del chiostro della chiesa di S. Domenico ad Ascoli, oggi quasi completamente perduta. A partire da allora, lavorò a più riprese per Ascoli.
Agli esordi ascolani appartengono le opere per la chiesa di S. Maria delle Grazie: un olio con la Traslazione della S. Casa, s. Niccolò e un committente e un affresco con la Trinità, con l’inconsueta iconografia dell’Eterno in abiti pontificali.
Al periodo compreso tra il 1613 e il 1615 risale il ciclo a fresco con Storie di s. Nicola da Tolentino nelle lunette del chiostro degli agostiniani a Sarnano, quasi completamente perduto. Alcuni elementi stilistici permettono di attribuire al Ghezzi l’affresco, coevo, con S. Francesco che riceve le stimmate posto sull’altare maggiore della chiesa di S. Francesco a Comunanza. Nel 1616 dipinse il monumento funebre al capitano Giulio Saccoccia in S. Angelo Magno ad Ascoli, attribuitogli senza conforto documentario. Il Saccoccia, al servizio dei Farnese, era morto nel 1551; la sua memoria, posta sulla porta della chiesa, fu distrutta nel 1615 per far posto all’organo; ciò provocò una lite tra i monaci olivetani e la famiglia Saccoccia. Il nuovo monumento venne commissionato a spese dei monaci l’anno successivo. Si tratta di un’opera di buon livello, anche se attardata su modelli tardo cinquecenteschi, con il defunto ritratto dormiente sulla sua tomba e due personaggi, forse appartenenti alla famiglia Farnese, nelle finte nicchie ai lati.
Fra i pochi dipinti superstiti, la tela con l‘Assunzione della Vergine nella chiesa dei Ss. Lorenzo, Silvestro e Ruffino a Massa Fermana è in stretto rapporto con il monumento a Saccoccia in S. Angelo Magno ad Ascoli per la tipologia del frate cappuccino molto vicina a quella dei due personaggi nelle nicchie del monumento. Nel 1624, sempre ad Ascoli, Eleonora Alvitreti gli commissionò la decorazione a stucco della cappella dell’Annunziata in S. Maria della Carità, che accoglierà più tardi la pala di G. Reni. Il progetto della cappella è conservato nell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno. Le differenze tra il disegno e la successiva realizzazione testimoniano della sostanziale dicotomia dell’arte di questo pittore che rivela un interessante aggiornamento nei riguardi della pittura bolognese di stampo carraccesco. Sotto il pontificato di Urbano VIII gli venne affidato il prestigioso incarico di revisore delle fortezze ecclesiastiche. Nel 1629 sposò Maria Terrani da cui ebbe nel 1634 il suo unico figlio, Giuseppe. Nella collegiata di Santa Vittoria in Matenano un dipinto con La predicazione del Battista è forse da riferire agli anni intorno al 1635 quando il cardinale Francesco Barberini finanziò i lavori di rinnovamento della collegiata. Dal 1637 è documentato a Comunanza ininterrottamente e dal 1646 alla sua morte non si hanno più notizie di lui. Fu il periodo in cui si dedicò all’alchimia, che gli costò la rovina economica. Un documento attesta la morte, avvenuta il 22 marzo 1647, di un certo “Bastiano Giozzi” ed è probabile che si tratti dell’artista.