Madonna della cintura, 1642-1645
Simone Cantarini, detto il Pesarese, nacque a Pesaro dove fu battezzato il 12 aprile del 1612. La biografia più dettagliata del Cantarini è stata scritta dal Malvasia (1678) che lo conobbe personalmente, però menziona specificamente solo un numero relativamente limitato di opere e raramente data i passi della carriera artistica. Si sofferma a lungo invece sugli aspetti negativi del carattere e sulle molte situazioni difficili in cui lo coinvolsero la sua presuntuosa superbia e l’ossessiva gelosia: “fu egli altiero molto, e satirico non meno per proprio istinto, e natura, per motivo e istigazione degli adulatori…”.
I primi influssi artistici risalgono alla cultura tardo manierista marchigiana: più precisamente ai primi maestri con i quali studiò, Giovan Giacomo Pandolfi e Carlo Ridolfi. Con maggior profitto studiò i dipinti a lui accessibili del massimo pittore italiano del tardo Cinquecento, Federico Barocci, e di due ottimi maestri appartenenti alla tendenza caravaggesca, Orazio Gentileschi e Giovanni Francesco Fossombrone. L’influenza del Gentileschi è percepibile nell’eleganza opalescente del colore e nella particolare delicatezza della composizione strutturale, in opere quali l’Immacolata con tre santi della Pinacoteca di Bologna o la Madonna della cintola della Pinacoteca di Fano.
Evento decisivo nello sviluppo artistico del giovane fu però la collocazione nella cattedrale di Pesaro di una grande pala d’altare con la Madonna e Bambino con i ss. Tommaso e Girolamo (ora nella Galleria vaticana) del grande maestro bolognese Guido Reni. cantarini ne rimase fortemente colpito. Altre due importanti pale d’altare del Reni erano state nello stesso periodo collocate nella cattedrale della vicina Fano: il Cristo che consegna le chiavi a s. Pietro (ora a Perpignano) e un‘Annunciazione.
Cantarini decise di stabilirsi a Bologna come allievo del Reni (anni 1630-32). Il Malvasia riferisce che il giovane pittore si finse allievo incerto, umile e docile, e della migliore pasta del mondo; celò la sua abilità al maestro e ai condiscepoli, ma con il passar del tempo, sicuro di sé, mutò atteggiamento: divenne critico nei confronti del maestro, e contemporaneamente esprimeva giudizi demolitori sull’opera del Domenichino e dell’Albani. In assenza del Reni egli osava persino correggerne l’opera dinanzi agli altri allievi. Insorsero, inoltre, difficoltà circa la produzione di incisioni del Cantarini su disegno del Reni.
Dopo una serie di episodi spiacevoli, abbandonò lo studio del Reni (circa 1635-37). Risulta che tornò a Pesaro, almeno per un breve periodo, in occasione delle nozze di sua sorella, nel 1639. Nei primi anni del quinto decennio probabilmente, Cantarini. soggiornò a Roma dove si interessò soprattutto alla scultura antica e alle decorazioni murali di Raffaello.
In epoca imprecisata, ma comunque dopo il 1642, anno in cui morì il Reni, Cantarini tornò a Bologna dove si era creata una situazione favorevole all’attività di altri maestri: infatti aprì un proprio studio, in una casa di proprietà della famiglia patrizia degli Zambeccari, e proseguì proficuamente la sua attività fino alla fine.
Gli ultimi mesi di vita Cantarini venne chiamato a Mantova per fare il ritratto del duca, ma fu sgradevole: criticò i quadri della collezione ducale, soprattutto le opere di Giulio Romano; inoltre si dilungava nell’esecuzione del ritratto tanto che il duca stesso lo consigliò di lasciar l’impresa, che fu infine affidata ad altri. L’umiliazione afflisse talmente il pittore che ne cadde malato: il suo medico gli consigliò di cambiare aria recandosi a Verona, ma vi morì poco dopo l’arrivo, il 15 ottobre 1648. Vi fu il sospetto che fosse stato avvelenato da un altro pittore della corte di Mantova.
Cantarini fu il migliore allievo del Reni e l’unico della sua cerchia capace di formulare uno stile personale: il suo ricco pittoricismo, i colori lievemente graduati e le inflessioni nuove nelle pose delle figure contribuirono ad introdurre a Bologna la pittura intimistica degli ultimi decenni del Seicento.
Cantarini ebbe una produzione eccezionalmente abbondante: la facilità e ricchezza inventiva sono particolarmente evidenti nel vasto corpus dei suoi disegni;; fu anche eccellente incisore.
Si dà qui di seguito un elenco delle opere più importanti del C.: Riposo in Egitto (Milano, Pinac. di Brera); Riposo in Egitto (Roma, Gall. Colonna); Madonna col Bambino (Roma, Gall. Doria); Riposo in Egitto (ibid.); Susanna e i vecchioni (Bologna, Pinac. naz.); Immacolata (ibid.); S. Giovanni Battista (ibid.); La Vergine col figlio in gloria e i ss. Barbara e Floriano (Aicurzio, Pieve di Vimercate; ora a Brera, depositi); Adorazione dei Magi (Bologna, S. Giuseppe fuori Porta Saragozza); La gloria di s. Giacomo (Rimini, Pinac.); S.Giovanni evangelista (Palermo, Museo civico); S. Pietro che sana gli infermi (Fano, S. Pietro in Valle); Adorazione dei Magi (Firenze, coll. Torrigiani-Salina); Sacra Famiglia (Roma, pal. Venezia); Sacra Famiglia (Roma, Gall. Borghese); Allegoria della musica (Milano, coll. G. Pasquinucci); Atlante e Ippomene (Ferrara, coll. Dell’Acqua); Sacra famiglia (Parigi, Louvre, in due versioni); Sacra Famiglia (Stamford, coll. del marchese di Exeter, Burghley House); Giuseppe e la moglie di Putifarre (Dresda, Gemäldegalerie).
MADONNA DELLA CINTURA – PINACOTECA SAN DOMENICO, FANO (PU)
S. PIETRO CHE RISANA GLI INFERMI – S. PIETRO IN VALLE, FANO (PU)